E'
stato presentato a Palazzo
Ajutamicristo, nell'ambito
degli incontri organizzati dalla Soprintendenza per i Beni culturali
e ambientali di Palermo, il volume di Vincenzo
Abbate, storico dell'arte e già direttore della Galleria Regionale di
Palazzo Abatellis: "La
Venerabile Cappella di S. Gandolfo nella Chiesa Madre di Polizzi
Generosa",
edito da
Amici di Plumelia, Bagheria 2014, con fotografie di Luciano e Antonio
Schimmenti, grafici di Dario Tornabene e con un contributo di Rosario
Termotto.
La
pubblicazione è stata promossa dall’Associazione Culturale
"Naftolia" di
Polizzi Generosa,
nel trentennale della sua attività.
Polizzi,
Urbs Generosa, nutre nel tempo un legame viscerale con
Gandolfo da Binasco suo Patrono, così come in tutta la Sicilia la
cultura del Santo Patrono è stata da sempre espressione diretta e
concreta del sentimento religioso di un popolo, finendo poi con
l'assumere un ruolo fondamentale di identità stessa dell'intera
comunità.
L'identità
di Polizzi e dei Polizzani passa innanzitutto attraverso la Cappella
del Santo in Chiesa Madre, il Sancta Sanctorum, il luogo
riservato del culto per eccellenza, che ha da sempre accolto l'urna
d'argento delle reliquie, un tempo custodita dentro l'Arca marmorea
di Domenico Gagini.
La
cappella è stata oggetto continuo di interventi strutturali, di
nuovi cambiamenti legati al cambiamento del gusto e motivo, spesso,
di perdita di precedenti importanti testimonianze d'arte.
In
quattro secoli, dal Quattrocento al Settecento, ha subito quattro
radicali rifacimenti, incredibilmente uno per secolo.
In
questo volume si ripercorrono le tappe di questa trasformazione,
grazie ad una attenta ricerca d'archivio, attraverso la quale viene
fuori uno spaccato di vita di estremo interesse sotto gli aspetti
socio-economici e culturali non solo della città ma dell'intero
comprensorio, del credo religioso e delle devozioni, della
committenza artistica e delle scelte in relazione al gusto.
Uno
spaccato che dà piena cognizione della vivacità dell'intero
comprensorio madonita da Cefalù, a Gangi, alle Petralie tra
Quattrocento e Settecento, davvero tutt'altro che provinciale.
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