Uno dei "must" di un
viaggio a Dubai è il Burj Al Arab (Torre d'Arabia), l'hotel della Vela che è il
simbolo di questo emirato, il grattacielo tempio del lusso costruito su un'isola
artificiale e conosciuto in tutto il mondo.
Per accedere occorre aver prenotato da casa una camera o (almeno) una consumazione, attraverso il sito. E infatti l'unica maniera per entrare è appunto sventolare la email di conferma al "posto di blocco".
Per accedere occorre aver prenotato da casa una camera o (almeno) una consumazione, attraverso il sito. E infatti l'unica maniera per entrare è appunto sventolare la email di conferma al "posto di blocco".
Le camere sono tutte suite, la più piccola è circa 160 metri quadri e il prezzo parte da 800 euro a notte. All'interno è tutto oro quel che luccica: le decorazioni sono a foglia d'oro 22 carati...come l'enorme conchiglia che accoglie la reception. In tutta la hall bellissime composizioni di rose e fiori freschi conducono a un'ampia fontana centrale.
Ai due lati le scale mobili
sfilano accanto a enormi acquari con pesci variopinti. Si accede quindi al
primo piano dove boutique e negozi griffati la fanno da padrone e dove si apre
l'enorme atrio, circondato da colonne, che fa ammirare l'ardita soluzione
architettonica: camere e corridoi su due lati, il terzo ospita l'enorme
"vela" bianca.
Qui al primo piano c'è la location prescelta: un "ristorante-bar" con i tavoli che danno sulla grande vetrata oltre la quale si ammira la spiaggia e l'hotel Jumeirah, quello a forma di onda che si infrange. Bisogna poi dire che l'Afternoon Tea è quasi una cena e comprende sette portate: dal filetto alla Wellington, al salmone, dalla coppa di frutti di bosco con panna a deliziose marmellatine handmade. Iniziamo con un flute di champagne e chiudiamo con un thè scelto tra una cinquantina di varietà mentre l'ennesimo cameriere offre praline di cioccolato e altri meravigliosi dolcetti orientali a volontà da un vassoio...Una musicista alle nostre spalle suona l'arpa in modo celestiale...Alla fine non ce la facciamo quasi ad alzarci dal tavolo...sia per la mangiata sia per la voglia di rimanere...altri due o trecento anni.
Non ci perdiamo infine gli ascensori panoramici che portano al 27° piano e le immancabili foto dalle vetrate con vista mozzafiato. Una sbirciatina ai bagni ci lascia una domanda senza risposta: i rubinetti saranno pure d'oro...?
Fin qui la visita all'hotel della
Vela. Ma Dubai è anche il grattacielo più alto del mondo e, appena dietro, il
deserto o il nulla. Un grande residence con centinaia di ville, a forma di
palma, creato dove c'era solo il mare. Una medina artificiale ideata per essere
l'habitat perfetto dei turisti. Davanti a questi record, la sensazione più
sconcertante che può prendervi durante un soggiorno a Dubai è di essere in una realtà
virtuale. Di vivere non in un mondo concreto ma in una finzione creata a scopi
commerciali. Un'illusione di autopropaganda. Un parco a tema come quelli dei
divertimenti.
E' bene quindi cominciare con un po' di storia. Prima della fine degli anni Sessanta e della scoperta del petrolio, questa città era solo un villaggio di pescatori. Nel giro di una generazione è diventata una megalopoli. Dal 2000 al 2006 il pil è cresciuto al ritmo del 13 per cento annuo, meglio di Cina e India. La famiglia degli sceicchi Al Maktoum, e dal 2006 anche l'ultimo regnante Mohamed, come i re biblici o i faraoni in odore di divinità una notte hanno sognato la nuova Dubai e il giorno dopo hanno iniziato ad edificarla. Costruzioni ciclopiche realizzate in pochi anni, capitali immensi guadagnati e reinvestiti, legioni di lavoratori attirati da tutti i continenti. In questo momento solo il 15 per cento dei residenti a Dubai è di ceppo arabo. Gli altri sono immigrati, i protagonisti di un melting pot senza paragoni al mondo.
L'obiettivo degli sceicchi? Proporsi al mondo come i protagonisti di una grande impresa epica, uscire dalle oscurità del medio Oriente e rivaleggiare con gli Stati Uniti quanto a capolavori dell'ingegneria e dell'architettura.
Un sogno di magnificenza, un revanchismo e un lusso a volte sfrenato, una vetta di tecnologia che in lontananza nasconde un incubo, cioè la prossima fine del petrolio. Già oggi i ricavi dall'estrazione di questo tesoro dalle viscere della terra coprono solo il 6 per cento del pil di Dubai. E per Mohamed Al Maktoum l'imperativo degli ultimi anni è stato proprio differenziare le entrate economiche, irrobustire il turismo e il commercio, in due parole portare nell'emirato qualunque uomo occidentale od orientale che volesse sbalordirsi a colpi di 'wow' e soprattutto spendere.
Dalla fine del 2008 lo sceicco ha dovuto fare i conti anche con la crisi mondiale: fece scalpore in quei mesi la notizia che decine di auto con le chiavi nel cruscotto venivano abbandonate all'aeroporto di Dubai da gente in fuga all'estero, partita con un biglietto di sola andata. L'effetto più clamoroso fu il rischio di interrompere in extremis la costruzione del grattacielo più alto al mondo. Completato invece nel 2009 grazie agli ingenti capitali arrivati da Abu Dhabi. Tanto che la costruzione ha cambiato nome e ora si chiama Burj Khalifa, la torre di Khalifa, che è il nome dello sceicco dell'emirato vicino e rivale. Uno smacco, insomma. Ma si sa, pecunia non olet.
E oggi? Si sono fermati alcuni megainvestimenti immobiliari come “The World”, l'immenso arcipelago di isole che si stava creando in mare accanto a “The Palm”. Una enorme operazione di prestiti ha salvato (almeno per ora) il fragile sistema finanziario del Paese. Qualche sogno da nababbo è stato rimesso nel cassetto in attesa di tempi migliori, oppure è tornato a essere un miraggio tra le dune.
E' bene quindi cominciare con un po' di storia. Prima della fine degli anni Sessanta e della scoperta del petrolio, questa città era solo un villaggio di pescatori. Nel giro di una generazione è diventata una megalopoli. Dal 2000 al 2006 il pil è cresciuto al ritmo del 13 per cento annuo, meglio di Cina e India. La famiglia degli sceicchi Al Maktoum, e dal 2006 anche l'ultimo regnante Mohamed, come i re biblici o i faraoni in odore di divinità una notte hanno sognato la nuova Dubai e il giorno dopo hanno iniziato ad edificarla. Costruzioni ciclopiche realizzate in pochi anni, capitali immensi guadagnati e reinvestiti, legioni di lavoratori attirati da tutti i continenti. In questo momento solo il 15 per cento dei residenti a Dubai è di ceppo arabo. Gli altri sono immigrati, i protagonisti di un melting pot senza paragoni al mondo.
L'obiettivo degli sceicchi? Proporsi al mondo come i protagonisti di una grande impresa epica, uscire dalle oscurità del medio Oriente e rivaleggiare con gli Stati Uniti quanto a capolavori dell'ingegneria e dell'architettura.
Un sogno di magnificenza, un revanchismo e un lusso a volte sfrenato, una vetta di tecnologia che in lontananza nasconde un incubo, cioè la prossima fine del petrolio. Già oggi i ricavi dall'estrazione di questo tesoro dalle viscere della terra coprono solo il 6 per cento del pil di Dubai. E per Mohamed Al Maktoum l'imperativo degli ultimi anni è stato proprio differenziare le entrate economiche, irrobustire il turismo e il commercio, in due parole portare nell'emirato qualunque uomo occidentale od orientale che volesse sbalordirsi a colpi di 'wow' e soprattutto spendere.
Dalla fine del 2008 lo sceicco ha dovuto fare i conti anche con la crisi mondiale: fece scalpore in quei mesi la notizia che decine di auto con le chiavi nel cruscotto venivano abbandonate all'aeroporto di Dubai da gente in fuga all'estero, partita con un biglietto di sola andata. L'effetto più clamoroso fu il rischio di interrompere in extremis la costruzione del grattacielo più alto al mondo. Completato invece nel 2009 grazie agli ingenti capitali arrivati da Abu Dhabi. Tanto che la costruzione ha cambiato nome e ora si chiama Burj Khalifa, la torre di Khalifa, che è il nome dello sceicco dell'emirato vicino e rivale. Uno smacco, insomma. Ma si sa, pecunia non olet.
E oggi? Si sono fermati alcuni megainvestimenti immobiliari come “The World”, l'immenso arcipelago di isole che si stava creando in mare accanto a “The Palm”. Una enorme operazione di prestiti ha salvato (almeno per ora) il fragile sistema finanziario del Paese. Qualche sogno da nababbo è stato rimesso nel cassetto in attesa di tempi migliori, oppure è tornato a essere un miraggio tra le dune.
Dubai, mito o realtà? La domanda
vi rimarrà irrisolta nella mente dopo un soggiorno frizzante e appagante, presi
dalla frenesia della vita notturna, tra le luci multicolori, il bagliore dei
gioielli nel Souk dell'oro. E probabilmente è lo stesso per i residenti.
Dubai è una domanda irrisolta, una
città che ha già creato la leggenda di se stessa, una Babilonia dei tempi
moderni, stretta tra l'illusione della conquista del mondo e la forza del
deserto che cerca di risucchiarla.
that is nice share of post about Dubai i like to share my blog about desert safari
RispondiElimina