Venerdì 13
Marzo alle 17.30, al Museo Archeologico “Antonino Salinas” di Palermo (Piazza
Olivella), sarà inaugurata la mostra “LIKE - Restauri e scatti. Il volto
inedito del Salinas“ (a cura di Francesca
Spatafora, Direttore del Museo Salinas, e di Lucina Gandolfo, responsabile
delle collezioni; allestimenti di Giuseppe Comparetto, responsabile per la
progettazione).
L’esposizione offre una selezione di importanti
opere (circa cinquanta) appena restaurate e che adesso si mostrano libere da
quei segni del tempo che ne compromettevano una corretta e completa lettura: si
tratta di sculture, metalli, manufatti in terracotta provenienti da diverse
zone dell’isola o facenti parte di alcune delle collezioni che, nell’ottocento,
diedero origine al Museo Nazionale di Palermo.
Dalla ottocentesca collezione di Robert Fagan, un inglese di umili
origini che fece fortuna in Italia trafficando in opere d’arte, provengono, ad
esempio, due stele funerarie acquistate
al mercato antiquario di Atene, mentre fu donato al Museo di Palermo nel 1876 dal barone Benedetto Salamone di Mistretta lo
splendido gruppo scultoreo di età arcaica (VI sec.a.C) raffigurante un leone
che azzanna un toro, ritrovato forse presso l'antica città di Alesa, odierna
Tusa (ME) e di cui oggi, grazie ai restauri, è possibile leggere ogni
dettaglio.
Da scavi condotti a Tindari nell’ottocento provengono poi alcuni
frammenti scultorei di pregevole fattura e un orologio solare di marmo del I
sec.d.C., certamente rinvenuto in una zona pubblica della città; ad Agrigento,
invece, fu ritrovata casualmente in frammenti, e acquistata nel 1916 da Ettore
Gabrici, una grande vasca fittile “a pantofola” decorata con elementi a
rilievo, un pezzo straordinario a cui l’approfondita opera di rimozione dei
degradi ha restituito bellezza e dignità.
Fu acquistato nel 1844 da parte della Commissione di Antichità e Belle
Arti per 300 ducati lo splendido Rilievo
delle Vestali del I sec.d.C. appartenuto al Principe di Raffadali, oggi
riportato al suo antico splendore: il bassorilievo in marmo raffigura l'offerta delle Vestali che, con il
capo velato, presenziano ad un rituale
sacro celebrato da un personaggio maschile togato, sacerdote o imperatore nelle
funzioni di Pontifex Maximus.
Un
ampio spazio dell’esposizione è riservato a materiali provenienti da Selinunte,
per la maggioranza esposti al pubblico per la prima volta: tra essi una gronda
a testa leonina dalla cornice
del tetto di uno degli edifici sacri che nel V sec. a. C. sorsero sull'acropoli
della colonia greca, tre capitelli riferibili a piccoli monumenti di
destinazione funeraria o votiva; una serie di oggetti in bronzo e ferro (armi,
zappe, roncole, ami, aghi, etc.) offerti dai fedeli alla divinità venerata nel Santuario
di Demetra Malophoros e tre stele gemine provenienti dal recinto dedicato a
Zeus Meilichios nella stessa area sacra.
Provenienti dagli scavi ottocenteschi condotti a Solunto, infine, sono i
monumentali capitelli di calcarenite e stucco, le edicole votive, i piccoli
telamoni esposti nella corsia nord-occidentale dell’Atrio Maggiore, ma,
soprattutto, la famosa Astarte in trono e la monumentale statua di Zeus che,
rinvenuta nel 1824 e restaurata all’epoca da Valerio Villareale, è oggi
sottoposta ad attente e complesse operazioni di diagnostica e di restauro,
tuttora in corso, in grado di rivelare una serie di preziose informazioni e di
inediti dettagli.
La mostra è accompagnata dai suggestivi scatti
fotografici di Angelo Macaluso che, da
diversi anni, coltiva una grande passione per la fotografia. Il suo album di
immagini spazia dagli scatti dedicati a città come New York o Bruxelles, a gare
sportive, a scorci naturalistici, a momenti rubati nel quotidiano, catturati
cercando di cogliere ciò che al primo sguardo non si svela.
Con i suoi scatti “nel e dal Museo” Macaluso
mostra pienamente la sua cifra
stilistica basata sulla desaturazione parziale del colore e sul recupero
dell’espressività, lavorando per sottrazione cromatica verso un’essenzialità
che esalta i valori plastici e al contempo lascia affiorare dall’immagine un
segno forte, un’emozione spesso segnata dal colore rosso.
La clip di presentazione della mostra (a cura di Giusi Garrubbo) http://goo.gl/xyQImf lascia
intuire le complesse e laboriose operazioni di restauro che si celano dietro le
opere esposte, il senso del lavoro di squadra, la professionalità e la passione
profuse per il raggiungimento di un obiettivo comune.
Fino
al 12 aprile. Dal martedì al venerdì (9.30-19.00)- sabato, domenica e festivi
(9.30 – 13.00). Ingresso libero
Nessun commento:
Posta un commento