La pubblicità
ha già da quasi un mese cominciato a martellarci con inviti a
comprare panettoni e pandori, proiettati come siamo a festeggiare le
prossime festività del Natale. Prima di arrivare al fatidico 25
Dicembre, in molte parti d’Italia e nel nord Europa esiste la festa
di Santa Lucia che forse oggi è un po’ dimenticata, ma nella mia
infanzia era molto sentita ed addirittura in alcuni paesi del nord
Italia era proprio santa Lucia che portava i doni ai bimbi buoni il
13 dicembre e non a Natale.
Questa
festività è di origini antichissime, perché affonda le sue radici
nei riti pagani preesistenti all’epoca cristiana. Nell’antico
calendario giuliano, il solstizio d’inverno cadeva il 13 dicembre e
dunque nel momento in cui le ore di luce erano ridotte al minimo, si
festeggiava la promessa del passaggio dal buio alla luce e dunque
alla vita. In epoca romana, proprio in questo giorno si svolgeva la
festa in onore di Cerere, dea della terra e dell’agricoltura, che
veniva invocata affinché riportasse al più presto la luce e
concedesse un buon raccolto. Ed era proprio per questo che c’era
l’usanza di mangiare chicchi di grano. Con l’avvento del
cristianesimo questi riti pagani furono soppiantati dal culto di
Santa Lucia, giovane martire di origine siracusana, che già nella
radice del nome – Lux, cioè luce in latino- ci riporta ai simboli
di promessa di vita e di prosperità.
In Sicilia il
culto è molto sentito ancora oggi, proprio perché la santa è
nativa di Siracusa, ed è rimasta l’usanza di non mangiare pane o
pasta, ma la cuccìa, cioè i chicchi di grano cotti e conditi o in
maniera molto semplice con olio o con zucchero e cacao per i più
golosi
Ma a Palermo,
si sa, ogni occasione è buona per mangiare, ed ogni festività ha (o
aveva, perché purtroppo non tutti seguono ancora queste usanze che
io, invece amo moltissimo) dei piatti tipici.
Innanzi tutto
è vietato mangiare pane pasta e tutto quello che è preparato con la
farina: quando ero bambina (non è preistoria- è passato solo
qualche anno-) addirittura i panifici erano chiusi, perché nessun
palermitano avrebbe comprato pane per quel giorno. Ma questo non
significa che si patisse la fame, perché per sopperire a questo
piccolo sacrificio, si potevano preparare risotti , gateau
di patate, panelle, cazzilli, arancine alla carne o al burro,
ma anche al pistacchio e al cioccolato, e soprattutto il piatto
principale la cuccìa, non più piatto povero, ma un vero trionfo per
la gola, perché il grano, una volta lessato e fatto scolare per
bene, viene mescolato alla crema di ricotta arricchita di canditi,
scaglie di cioccolato e polvere di cannella. Vi assicuro
che il risultato è irresistibile!
Mia madre
trascorreva due giorni in cucina per preparare pranzo e cena, sono
piatti che richiedono un po’ di lavoro, prevedono diversi passaggi,
sono lenti, così come lento mi sembrava il trascorrere del tempo,
mentre pregustavo la gioia di addentare una profumata arancina o di
affondare il cucchiaio nella morbida crema di ricotta….
Vi ho
fatto venire fame? Bene, allora vi lascio la ricetta del mio gateau
di patate. A casa mia si preparava quando in frigo c’era qualche
affettato da smaltire e a Palermo ancora oggi nelle salumerie si
trova il “pezzame”, i fondi dei salumi che non si possono più
affettare perché troppo piccoli si tagliano in pezzi e si vendono a
peso mescolando le varie tipologie. Vi assicuro che con questi
vengono i gateau migliori e sempre diversi. La ricetta che utilizzo
io prevede però pochi ingredienti.
Per 4 persone
Kg. 1 di
patate
150 gr. di
prosciutto cotto
150 di
mozzarella, scamorza o altro formaggio a piacere
50 gr. di
parmigiano
50. gr. di
burro
pane
grattugiato
sale e pepe
Lessare le
patate, pelarle e schiacciarle con lo schiacciapatate quando sono
ancora calde. Condirle con metà del burro, il parmigiano, sale e
pepe. Accendere il forno a 180°. In una teglia tonda (gateau
significa torta!) versare un leggero strato di pangrattato. Versare
metà delle patate. Coprire con il prosciutto e il formaggio a
pezzetti e versare le rimanenti patate, avendo cura di coprire bene
la superficie. Versare a pioggia dell’altro pangrattato e il
rimanente burro a fiocchetti.
Infornare per
circa 30-40 minuti, fino a formare una leggera crosticina sulla
superficie.
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